4 ottobre: San Francesco, Patrono d’Italia – Festa
Mt 11, 25 – 30
Il brano evangelico di Mt 11, 25-30, che oggi la Liturgia ci propone, in realtà è composto da due testi congiunti, ma distinti (vv. 25-27 e 28-30).
“Queste cose” di cui si parla nel primo brano, si devono intendere come i “misteri del Regno” rivelati ai “piccoli”, cioè i discepoli (cfr 10, 42), ma che sono tenuti nascosti ai “sapienti”, i farisei e i loro dottori.
Gesù introduce un nuovo concetto di sapienza o, meglio, svela la vera sapienza (e Lui è la Sapienza del Padre)
che consiste in una conoscenza di tipo interiore e che avviene per ri-velazione del Padre.
Dio non fa preferenze nel donarSi; qui viene ribadito che Egli si svela solamente ai “piccoli”:
a coloro che hanno il cuore puro, libero, sgombro da ogni giudizio e pregiudizio.
I “sapienti” non possono capire il linguaggio dell’Amore che rimane impenetrabile alla logica umana e quindi limitata.
Anche Gesù, come vero Uomo, è l’Umile, il “piccolo”, che ha imparato a stabilire un rapporto di fiducia nei confronti del Padre e, perciò, si offre a tutti i “piccoli” come esempio.
Egli rivendica per Sé l’atteggiamento dei poveri dell’A.T. (cfr Sof 2, 3; Dn 3, 87) e se ne avvale per farsi nostro Maestro di sapienza.
“Francesco,
Tu ci ammonisci a mirare in alto,
a svincolare il cuore dall’amore alle cose terrene ù
e a saperle considerare come buone solo quando ci sono scala per salire le vie dello spirito
e ci sono specchio per riflettere la bellezza,
la bontà, la provvidenza di Dio.
Insegnaci ad essere poveri,
cioè liberi, staccati e signori,
nella ricerca e nell’uso delle cose terrene, pesanti e fugaci,
perché restiamo uomini, restiamo fratelli, restiamo cristiani. Amen”.
(Da un’omelia di Paolo VI)