Oggi ricordiamo 570 anni del nostro riconoscimento Pontificio (Bolla “Cum Nulla” di Nicolò V, 7 ottobre 1452), ripensiamo alla nostra “vocazione” e alla nostra nascita, approfondendo per scoprire il “nuovo” che lo Spirito suscita nel nostro carisma. L’apertura a nuove scoperte, a nuove proposte di vita, di testimonianza e di amore sono la sfida dell’oggi, per rispondere creativamente, e diciamo, profeticamente allo Spirito che ci spinge in avanti.
Non possiamo rileggere la nostra storia passata senza aprirci al futuro che ci interpella. Ecco il bivio di fronte al quale si gioca il nostro essere carmelitane oggi: “riesumazione” e “imitazione piatta” oppure conoscenza profonda per una nuova interpretazione? Le grandi figure del nostro passato hanno incarnato il carisma e hanno vissuto con originalità la spiritualità dell’Ordine. Non si può essere da meno. Per essere degne figlie delle nostre ‘matriarche’, non crediamo che basti ricopiare a piè pari la foggia di un vecchio velo o rimanere tenacemente aggrappate a una doppia grata o cercare di rivitalizzare il cammino spirituale con affastellamenti di devozioni ‘antiche’. L’evoluzione che ha avuto la cultura e la società ci ha portato a prendere coscienza della nostra identità. Riandiamo al sogno che era sotteso al pensiero della generazione grazie alla quale ci è giunta la nostra Regola. Lo Spirito, che sempre soffia dove vuole non è mai ripetitivo, tanto da spingerci ad ‘abitare nuovi orizzonti’.
Tutto sta, però, nel capire dove sono questi ‘nuovi orizzonti’ del nostro essere comunità contemplativa claustrale oggi. Non si può conoscere ciò che non si ama e, nello stesso tempo, è amando che ci apriamo alla conoscenza. Bisogna, allora, ritornare alla Parola: solo afferrati ad Essa e da Essa, possiamo lasciare il porto delle nostre sicurezze centenarie per scrutare orizzonti nuovi. La sfida non è facile…ma, altrimenti, non sarebbe neanche tale! Si tratta di riorganizzare il nostro schema mentale, personale e comunitario, poggiandoci su una base elastica di discernimento quotidiano, ininterrotto. Una vita di frontiera è una vita di avventura, per ciascuna di noi e per la comunità stessa che in questo suo ‘affacciarsi’ diventa segno di “una Chiesa aperta agli orizzonti delle genti”.
Una fraternità che “vigila”, una fraternità che si apre all’accoglienza, alla tolleranza, alla condivisione. Il Carmelo diventa così un “caravanserraglio” dove ogni fratello può sostare, tirare il fiato, rifocillarsi spiritualmente, ritrovando se stesso e il senso ultimo della vita. Una fraternità che porta a seminare “proprio nei solchi di situazioni inedite e complesse, germi di novità, di speranza, di solidarietà”.
Fraternità che è eco di una sororità sgorgante da relazioni comunitarie vere, profonde, dove le convenienze, il pro-forma, la sopportazione pietistica, sono scardinate alla base. Sororità che per la sua genuinità non può, dunque, che contagiare/contagiarci, creando un circolo di amore diffusivo, libero e liberalizzante.