“Avvenne che in quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici”. Lc 6, 12-16
E’ una preghiera che spinge all’azione e, ancor prima, alla decisione.
– La mia preghiera, mi porta a fare delle scelte?
– Ma, ancor prima, io scelgo la preghiera? So scegliere di stare col Signore e, quindi, opto per una cosa e ne escludo altre, perché credo che solo il rapporto col Signore è Quello che dirige tutta la mia vita e tutti gli altri rapporti?
“Gesù se ne andò sulla montagna a pregare”
Pregare è un’arte. La si impara. Come tale, costa fatica personale, sforzo quotidiano, supportati dalla convinzione di fede che il Signore mi chiama a Sé per intrattenermi con Lui. E la preghiera è anche dono: è lo Spirito che ci porta in alto, sulle vette della preghiera. Salita e montagna sono come due facce della preghiera.
– Smetto di pregare SOLO perché sento fatica?
– So continuare a pregare per fede, soprattutto per amore, credendo che è il Signore a chiedermi di stare con Lui?
– Cosa cerco nella mia preghiera: i doni di Dio o Dio?
– So accettare, per amore, anche una preghiera arida, faticosa, credendo che tutto ciò che dico viene ascoltato dal Signore?
“Passò la notte in preghiera”
Quante “notti” nella mia giornata, nella mia vita. Sono quelle della prova, del dolore, del dolore nella prova, dell’angoscia, dell’incomprensione, della malattia lunga e inesorabile o breve ma intensa…La preghiera è luce sul mio cammino, la preghiera rischiara le mie tenebre e orienta i miei passi.
– Come le trascorro? Come affronto la prova, di qualsiasi genere?
– Cerco rifugio nel Signore, mi affido a Lui?
– Lo cerco?
– Lo so vedere?
“Chiamò a Sé i suoi discepoli e ne scelse dodici”
Sono già tutti tuoi. Perché scegliere tra i scelti? L’esperienza dell’elezione di Dio, del sentirsi amati personalmente, della propria unicità davanti a Lui, in Lui.
– Come vivo il mio cristianesimo?
– E la mia vocazione specifica? Se sono un medico, una consacrata una madre di famiglia, un datore di lavoro, come vivo questa chiamata alla Vita da parte del mio Dio?
– Sono grata/o a Dio per avermi fatto conoscere Lui, per la fede, per la Sua Parola, per tutto ciò che ogni giorno mi dona?
“Ai quali diede il nome di apostoli”
Apostolo è l’inviato da Dio, il suo martire, il suo testimone
– Mi sento inviata? A chi?
– Mi comporto da inviata?
“Fu il traditore”
Tradire il Signore è un tradire noi stessi, quello per cui siamo stati creati, pensati, voluti da sempre.
– Ho paura di Dio? Che immagine mi sono fatta/o di Lui?
– Mi sento sempre in colpa davanti a Lui? Perché sì/no?
– Cosa significa, per me, tradirLo?
LA PAROLA SI FA PREGHIERA
Tu sei buono e fai il bene, insegnami i tuoi decreti (Sal 118)
Nell’ora della paura io in te confido: in Dio di cui lodo la parola (Sal 55)
I passi del mio vagare tu li hai contati, le mie lacrime nell’otre tuo raccogli; non sono forse scritte nel tuo libro? (ibid)
Mi rifugio all’ombra delle tue ali finchè sia passato il pericolo. Invocherò Dio, l’Altissimo, Dio che mi fa il bene (Sal 56)
Dal «Commento sul vangelo di Giovanni» di san Cirillo d’Alessandria, vescovo (Lib. 12, 1; PG 74, 707-710)
Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi
Nostro Signore Gesù Cristo stabilì le guide, i maestri del mondo e i dispensatori dei suoi divini misteri. Volle inoltre che essi risplendessero come luminari e rischiarassero non soltanto il paese dei Giudei, ma anche tutti gli altri che si trovano sotto il sole e tutti gli uomini che popolano la terra. E’ verace perciò colui che afferma: «Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio» (Eb 5, 4). Nostro Signore Gesù Cristo ha rivestito gli apostoli di una grande dignità a preferenza di tutti gli altri discepoli.
I suoi apostoli furono le colonne e il fondamento della verità. Cristo afferma di aver dato loro la stessa missione che ebbe dal Padre. Mostrò così la grandezza dell’apostolato e la gloria incomparabile del loro ufficio, ma con ciò fece comprendere anche qual è la funzione del ministero apostolico.
Egli dunque pensava di dover mandare i suoi apostoli allo stesso modo con cui il Padre aveva mandato lui. Perciò era necessario che lo imitassero perfettamente e per questo conoscessero esattamente il mandato affidato al Figlio dal Padre. Ecco perché spiega molte volte la natura della sua missione. Una volta dice: Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori alla conversione (cfr. Mt 9, 13). Un’altra volta afferma: «Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6, 38). Infatti «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3, 17).
Riassumendo perciò in poche parole le norme dell’apostolato, dice di averli mandati come egli stesso fu mandato dal Padre, perché da ciò imparassero che il loro preciso compito era quello di chiamare i peccatori a penitenza, di guarire i malati sia di corpo che di spirito, di non cercare nell’amministrazione dei beni di Dio la propria volontà, ma quella di colui da cui sono stati inviati e di salvare il mondo con il suo genuino insegnamento.
Fino a qual punto gli apostoli si siano sforzati di segnalarsi in tutto ciò, non sarà difficile conoscerlo se si leggeranno anche solo gli Atti degli Apostoli e gli scritti di san Paolo.
Responsorio Gv 15, 16. 8
R. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto * e il vostro frutto rimanga.
V. In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto,
R. e il vostro frutto rimanga.