“Io t’invoco mio Dio: dammi risposta,
rivolgi a me l’orecchio e ascolta la mia preghiera.
Custodiscimi, o Signore, come la pupilla degli occhi,
proteggimi all’ombra delle tue ali” (Sal 16, 6.8)
Colletta C
O Dio, che per le mani alzate del tuo servo Mosè hai dato la vittoria al tuo popolo,
guarda la Chiesa raccolta in preghiera;
fa che il nuovo Israele cresca nel servizio del bene e vinca il male che minaccia il mondo,
nell’attesa dell’ora in cui farai giustizia ai tuoi eletti, che gridano giorno e notte verso di te.
Questa domenica il tema della fede si intreccia con quello della preghiera giacché l’uno senza l’altro non è completo. E noi cristiani ci riconosciamo nella preghiera.
Per pregare si deve credere e per credere bisogna pregare -non come un obbligo-.
La prima lettura – tratta dall’Esodo – ricorda l’episodio della battaglia di Israele contro Amalek.
Mosé sale sul monte per invocare l’aiuto di Dio. Ma le mani gli pesano: si siede Aronne e Cur gli tengono le mani aperte.
Così Israele sconfisse Amalek e il suo popolo. L’immagine biblica è molto bella e forte: il valore e l’importanza della supplica, della continua e insistente preghiera al Signore.
Ed è una supplica fatta coralmente: anche questo deve farci riflettere.
Con la seconda lettura proseguiamo ad ascoltare la lettera a Timoteo (2Tim 3, 14-4-2).
San Paolo lo esorta a essere forte e saldo in quello che ha imparato, soprattutto perché non si tratta di parola umana, ma di Sacra Scrittura.
E, come sappiamo la Scrittura, ispirata da Dio, insegna, convince, corregge e forma l’uomo di Dio.
Il vangelo (Lc 18, 1-8) ci narra la storia di una povera vedova che si reca da un giudice per ottenere giustizia, un giudice che “non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno”.
La conclusione del brano è forte: “Quando il figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?”
Con questa breve parabola Gesù, oltre a sottolineare l’importanza della preghiera, ci insegna ad avere fiducia.
La povera vedova – era già parte degli ultimi della società di allora – non si scoraggia e importuna senza tregua il giudice disonesto, per avere la giustizia che le spettava.
La preghiera di questa “povera” sale a Dio, e il giudice decide di farle giustizia, non perché riconosca il primato di Dio e ne abbia timore, non perché voglia far giustizia ad una persona oppressa, ma per non essere molestato.
Il Signore dunque ci richiama alla fede, alla preghiera.
L’una senza l’altra non possono andare.
Nella vita di ogni giorno tante sono le ingiustizie che si subiscono, che si fanno magari senza accorgersene!…ma se si prega si ottiene dal Signore l’aiuto, la forza.
Il Carmelo ha sempre sentito forte la preghiera di intercessione: intercedere per, intercedere sempre, intercedere per avere la Grazia del Signore e seguirlo.
Oggi 93a giornata mondiale missionaria.
In questa settimana:
– 22 ottobre: s. Giovanni Paolo II, mem.
– 24 ottobre: s. Antonio Maria Claret, mem. fac.