Connubio d’amore che rende vicini i lontani
Così come ogni chiamata da parte di Dio, anche la mia vocazione ha la sua
genesi e il suo sviluppo personalissimi e unici. Voglio provare a
comunicarvi qualche pensiero della mia storia, fatte di piccole e semplici
vicende, ma tanto importanti per me perché, proprio attraverso queste
circostanze, ho potuto cogliere la chiamata di Dio alla Sua sequela. Vengo
da una famiglia numerosa: 5 fratelli e 2 sorelle; povera ma dignitosa; i
miei erano lavoratori agricoli, perché eravamo coloni di un grandissimo
terreno con fattoria.
Come e quando ho cominciato a sentire e a capire di voler donare la mia vita
unicamente a Dio solo? Ero una bambina molto riservata e silenziosa. I miei
sentimenti difficilmente li comunicavo. In parte, questo era dovuto anche
per l’educazione impartita a quei tempi….Ricordo che la mamma non poteva
portarmi alla Messa con lei, perché non avevo il vestitino per uscire.
Perciò, quando lei usciva per la Messa, io – senza dirle nulla – mi mettevo
in ginocchio con la mani giunte, perché volevo seguirle e pregare come lei.
Questi sono episodi lontani nel tempo, ma denotano come io, pur non
capendolo, già cominciavo a sentire qualcosa nel mio cuore verso il Signore.
Poi, crescendo, incominciai a pormi delle domande. A 5 anni, per la prima
volta, la mamma mi portò con sé al santuario di Loreto in occasione di un
pellegrinaggio. In quella circostanza feci la prima confessione. Conservo un
ricordo bellissimo! Provai tanta emozione spirituale e avvertii una forza d’
amore
per Gesù che non saprei descrivere a parole. Oggi, dopo tanti anni, quando
ci ripenso sento ancora la gioia e la forza di quell’amore.
Questa prima tappa spirituale – che custodivo gelosamente – fu così
coinvolgente per me bambina, da lasciare un segno nel mio cuore. Quando poi
feci la prima Comunione, avvertii più chiaramente nel mio cuore questo amore
per Gesù e “compresi” di dover donare la mia vita a Lui solo. Incominciavo a
domandarmi cosa significasse donarsi tutta al Signore. Anche perché, avendo
tanti fratelli, vedevo che ognuno prendeva la sua strada e facevano le loro
scelte. Con l’adolescenza, poi, si sognano tante cose, l’entusiasmo e l’
avvilimento
sono dinamiche normali e anche io, come tutti gli adolescenti sognavo ad
occhi aperti…
Però, quel tesoro di amore divino nascosto nel mio cuore, nei momenti di
silenzio e di maggior raccoglimento e preghiera, tornava sempre a farsi
sentire e dischiudeva le sue insondabili ricchezze. Il periodo compreso tra
i 15 ai 18 anni, sono stati per me gli anni di discernimento, di dubbio e di
lotta tra due amori: l’amore di Dio con la sua forza irresistibile e l’amore
umano con la sua ebbrezza emotiva, sensibile, attraente.
Cosa mi aiutò a decidere e a discernere? La Paola di Dio: la lettura e la
meditazione del Vangelo. Conoscevo bene solo poche frasi del Vangelo. Ma le
avevo scolpite nel cuore e me le ripetevo dentro ogni volta che la
tentazione del nemico voleva distogliermi dalla sequela di Cristo.
Ed ecco che nacque una “nuova” domanda. Dove e come poter realizzare la mia
donazione a Cristo? Ai miei tempi non era permessa – come oggi – un periodo
di esperienza in monastero prima di decidere. Se si entrava, si entrava
decise e lì si rimaneva. Quindi si trattava davvero di un “doppio” salto nel
buio, un totale abbandono in Dio.
Mi venne in aiuto l’esperienza vissuta in famiglia: tutti i coloni dei
terreni dell’unico padrone, tra cui c’era anche la mia famiglia. Potevo,
infatti, ben constatare come essi erano tutti al servizio dell’unico
“signore”, ma non tutti avevano la stessa mansione. Questo esempio pratico
di vita mi aiutò a far chiarezza sulla mia scelta. Il mio desiderio di
portare a Dio – non un piccolo gruppo di persone, ma tutti i fratelli – mi
fece comprendere meglio la mia vocazione e che l’avrei potuta realizzare in
pienezza proprio attraverso una vita contemplativa: vita d’intimità con Dio,
di lode, di preghiera.
A 19 anni, dopo averlo comunicato alla mia famiglia che accettò con pace la
mia scelta rispettando la mia libertà, entrai al Carmelo. Certo non mancò la
sofferenza del distacco reciproco. Ma Dio era al primo posto. Il dono della
propria vita a Dio, mettendosi alla sequela di Gesù, non è altro che un’
offerta
di amore e di lode a Lui. Donandosi a Dio, diventa propria famiglia tutta la
Chiesa. In questo connubio d’amore che si stabilisce tra l’anima e Dio è
presente tutta l’umanità”.
Suor Maria Paola di Gesù