“Mercoledì, 14 maggio 2003. Ore 16: il p. Matteo De Angelis, O.S.A. si sente male mentre si trova in giardino.
Dopo qualche minuto spira per un infarto.
Proprio in quel giorno, al mattino, era venuto al nostro Carmelo il p. Ludovico Maria Centra, suo confratello, per portarci le parti proprie dell’ufficio di S. Rita.
Parlammo a lungo…sicuramente mai si sarebbe aspettato di divenire, in quello stesso giorno, il nuovo Priore del Convento degli Agostiniani.
Sarà stato certamente uno choc per il p. Ludovico e per gli altri confratelli che hanno vissuto tanti anni assieme al p. Maestro.
Le campane hanno suonato a distesa.
Noi abbiamo saputo della morte del p. Maestro da Don Ermanno, un giovane sacerdote, uno dei suoi tanti figli “spirituali”, da lui seguito nella confessione-direzione.
Telefonammo subito a Don Goffredo, ma non c’era…sicuramente era già corso a S. Agostino!
E’ stata una perdita per i suoi confratelli, una perdita per il paese tutto:
la sua scomparsa ha reso più povero Carpineto e i suoi abitanti! Amen, fiat!
Il p. Maestro abbia la sua ricompensa: “Vieni, servo buono e fedele, entra nel Regno del tuo Signore!”
Quanto bene ha fatto…io lo conobbi nel lontano 1949!
Quanto gli deve questo paese! Povero, da povero non accettava offerte, neppure dai gruppi che soggiornavano nel convento di S. Agostino,
in cui si trovava di comunità da tanti anni, e nemmeno dagli ospiti che accoglieva mandati da noi,
dato che il nostro monastero non può ospitare molte persone a motivo del poco spazio.
Un uomo di Dio. Un uomo di preghiera. Un uomo umile e povero…eppure sapeva molto bene latino e greco e impartiva lezioni da sempre.
E gratis! Era un uomo che pacificava con il suo saper sdrammatizzare; un uomo ricco di bontà, di dolcezza, di ottimismo.
Anche questa Comunità ha beneficato spiritualmente: ogni volta che lo si chiamava per la confessione, e poteva, veniva con gioia.
L’uomo del “sì”, della carità. Ultimamente, invece, non veniva più fin quassù…ormai era da tanto che non lo vedevamo.
L’ultima volta lo incontrai con una consorella dal dentista del paese…che affabilità con noi…un vero Padre.
Concedigli la tua pace, la tua luce, il tuo premio promesso, Signore!”.
madre Maria Elvira del Santissimo Sacramento (2003)
“Vorrei spendere poche parole sulla persona del p. Maestro.
Poche parole, esattamente come erano quelle che spendeva lui, ma non per poca affabilità, ma per discrezione e riservatezza.
In lui tutto era disponibilità: parlava la sua stessa persona…i suoi occhi piccoli e scintillanti, vividi, quasi quelli di un perenne ragazzino; il suo vestito, a volte dimesso e semplice (come quando al posto della tonaca lo si vedeva con un grembiulone nero), ma che sprigionava una povertà dignitosa, quasi partecipazione alle ansie e al lavoro degli uomini, suoi fratelli. Era l’uomo dell’accoglienza e della purezza: sembrava un bambino per la sua innocenza e semplicità. Di lui conservo un ricordo meraviglioso; anzi, tanto più bello, quanto più è raro trovare persone così. Il mio è un ricordo speciale…da lui ho sperimentato la tenerezza di Dio, ho quasi “toccato” la Misericordia del Padre. Conobbi il p. Maestro attraverso la confessione…e fu un incontro buffo, goffo, ridicolo, eppure commovente! Ero la prima che andava a confessarsi da lui e, quindi, mi recai nella stanza dove siamo solite andare a confessarci ed entrai. Stranamente la stanza era buia e dentro non c’era nessuno. Quindi riuscii e domandai alla consorella in quale altro luogo di casa si era pensato di confessarsi, dato che il padre non c’era.
La sorella mi disse che il padre era arrivato e che si era già accomodato nel solito luogo.
Allora rientrai, a dire il verso scettica e anche un po’ innervosita, e accesi questa volta la luce della stanza.
Il p. Maestro era lì, in piedi, in un angolo della stanza e mi disse: benvenuta, sorella, buongiorno, si accomodi!
Ero sbigottita e anche impietrita, volevo dirgli: “Ma santo cielo, padre, ma poteva accendere la luce, no?”.
Ma non lo feci, perché la sua persona parlava da sé e intuii subito le sue motivazione interiori, intessute di umiltà, rispetto, discrezione.
A raccontare un fatto del genere qualcuno, che non ha conosciuto il p. Maestro, potrebbe pensare che fosse un esagerato, uno sciocco,
che non ci si comporta così…ma questo atteggiamento di profonda umiltà rientrava nel suo modo di fare; era parte di lui.
Lui andava bene così com’era e lui era così.
Certo, ciò che mi colpì non fu solo questo, ma la sua affabilità nel confessare, nello sdrammatizzare, nel comprendere, nell’ascoltare,
senza giudicare o mostrarsi stanco, ma vorrei dire quasi “interessato” ai problemi altrui, quasi che li facesse suoi,
li vivesse sulla sua pelle…proprio come un padre che partecipa al dolore e alla gioia della propria figlia. Era facile, con lui, aprire il cuore.
Questo non significa che fosse tenero solamente senza pretendere poi una certa corrispondenza…no.
Ma corrispondere alla Grazia di Dio, con lui davanti, sembrava facile, bello, invitante.
Ecco, questo è un piccolo episodio, ma personalmente credo che nella confessione il p. Maestro sprigionasse davvero il volto di un Dio vicino, Padre e Madre, buono.
Solo per questo, sicuramente, in Paradiso godrà la dolcezza di Dio”.