Giovanna Scopelli (1428-1491)
“Nacque a Reggio Emilia nel 1428. Non si sa molto dei primi anni della sua vita. Morti i genitori, si ritirò presso una donna di modeste condizioni economiche, ma di molta pietà, che pensava a costruire un monastero. Giovanna si pose alla ricerca di un luogo adatto, quando una vedova le offrì se stessa, due figlie e la sua casa. Abitarono insieme dal 1480 al 1484 e intanto cercava un altro luogo che potesse servire da monastero. Ottenne, con l’appoggio del Vescovo Filippo Zoboli, la chiesa di san Bernardo. Gli inizi del nuovo monastero si datano 1485, cambiato il nome di san Bernardo in quello di Santa Maria del Popolo (detto “le Bianche”). Dotata da Dio di carismi straordinari, ricca di profonda pietà mariana e animata da intenso spirito di penitenza, morì il 9 luglio 1491. Il suo culto ebbe inizio l’anno seguente con l’esumazione del corpo”.
(Ludovico M. Saggi, O. Carm., Santi del Carmelo, p. 319).
La sua memoria liturgica si ricorda il 9 luglio.
“La B. Giovanna era nata a Reggio Emilia in Italia e fin da giovanissima cercava di vivere una vita dedicata a Dio. Appartiene alla preistoria della monache carmelitane ed è una delle principali figure del Secondo Ordine in Italia. Ricevette grazie mistiche da Dio ma dovette soffrire un lungo periodo di purificazione interiore. Si può comprendere il suo cuore carmelitano dalla relazione profonda che aveva con Nostra Signora. Il monastero, fondato nel 1485, ebbe come suo principale scopo la preghiera per la Chiesa. La B. Giovanna con ventidue giovani donne si misero sotto la congregazione mantovana dell’Ordine. Fu lei la priora del monastero così come la guida spirituale. Non c’era tradizione di monasteri femminili carmelitani in Italia cui guardare per ispirarsi, ma con il suo ingegno seppe adattare i valori fondamentali carmelitani alla nuova situazione. Simili sviluppi stavano accadendo in Francia come si è detto sopra, in Belgio e in Spagna, sempre nello stesso periodo”
(Joseph Chalmers, O. Carm., Nella terra del Carmelo, 21).
Della Beata Giovanna si sa che ottenne dai genitori (Simone e Caterina) il permesso di farsi mantellata carmelitana, vivendo però in casa. In seguito si mise alla ricerca di un monastero per vivere in unione con Dio e diffondere il suo Amore affinché tante anime dedicassero la loro vita alla lode e all’Adorazione del Dio Vivente. Ebbe un amore speciale per la Madonna che venerò con una particolare devozione, detta “la camicia della Madonna”. Consisteva nella recita di 15.000 Ave Maria intercalate ogni 100 Ave con la Salve Regina. Alla fine veniva recitato 7 volte l’ Ave Maris Stella, oppure O gloriosa Domina. La Comunità recitava la “camicia” fino al 1773. Si sforzava di conservare e di alimentare una tenera conversazione con Maria nell’agire e nel patire, nelle afflizioni e nelle calamità; in tal modo la sua anima viveva immersa nell’amore verso la nostra amabilissima Madre con sentimenti filiali. Era piena di tenerezza per Maria e in lei contemplava il Figlio Suo Gesù. Dio irruppe nella sua anima facendole vivere un’esperienza profonda della sua presenza concedendole grazie mistiche tracciando un cammino fatto di luci e di notti. La Beata Giovanna conosce la notte dello spirito come passaggio obbligatorio alla nascita della nuova creatura in un cammino in cui croce e amore s’identificano.
Quest’itinerario è per ogni persona, ma lei si abbandona a divenire strumento come Maria si era abbandonata con il suo sì a dare alla luce Gesù. Dio si fa spazio nella sua anima purificandola con le notti oscure, bruciando tutto ciò che è umano e lasciandole solo ciò che è conforme al suo volere. Ci vollero lunghi anni di prove e sofferenze per arrivare alla purificazione e così incarnare l’amore di Dio e farsi dono senza alcuna riserva e giungere all’amore-carità in modo che la vita si possa dilatare non rimanendo più nei limiti del piccolo “io”. Nell’amore-carità il suo mondo interiore abbraccia l’immenso spazio della Chiesa.
La carità si identifica allora nell’amore. Lo Spirito le ha fatto percorrere un lungo cammino di purificazione, di dilatazione e di espropriazione perché l’amore-carità possa essere percepito nella sua essenza.
Nel 1500 si raccolse un giudizio pubblico sulla vita, sulle virtù e sui miracoli; negli anni 1767-1770 fu tenuto il processo diocesano per il riconoscimento del culto che fu approvato da Clemente XIV il 24 agosto 1771.
In seguito alla soppressione del monastero e della chiesa carmelitana avvenuta nel 1797, nel 1803 il corpo della Beata fu trasferito nella cattedrale.